“La campagna elettorale è finita”: nel dopo elezioni questa frase è stata pronunciata spesso, da più parti. Il senso, però, può essere duplice: è finito il tempo delle promesse, ora ci si deve assumere la responsabilità di mantenerle; oppure, al contrario, è finito il tempo della propaganda, ora finalmente si può tornare al principio di realtà. L’Azione Cattolica Italiana, che ha cercato di contribuire al dibattito elettorale con una “lettera aperta” ai futuri parlamentari, ricorda che la campagna elettorale è finita solo nel primo senso; quella lettera quindi resta più che mai valida e attuale, dev’essere anzi riproposta con forza e riletta alla luce di alcuni risultati emersi dal voto, che offrono ulteriori elementi di riflessione.
Anzitutto due motivi di soddisfazione: l’alta affluenza e il modo civile, regolare e ordinato con cui il popolo italiano ha espresso il proprio voto, in netto contrasto con i toni roventi degli ultimi giorni, nei quali non tutti gli uomini politici sembra si siano preoccupati di preservare un clima di pacificazione e amicizia civile; la netta sconfitta di quelle spinte che hanno cercato di cavalcare impropriamente in senso laicista una giusta istanza di laicità, dimenticando che proprio sulla differenza fra laicità e laicismo si è costruita la cornice costituzionale e la civiltà giuridica della nazione italiana nel dopoguerra.
In secondo luogo due motivi di preoccupazione: l’aumentata distanza tra i partiti e gli elettori, favorita da una legge elettorale che sottrae all’attiva partecipazione dei cittadini la selezione dei candidati nella fase della formazione delle liste, e di fatto la scelta dei parlamentari al momento dell’esercizio del voto; il modo francamente preoccupante con cui si è interpretato il sistema maggioritario, trasformando una legittima competizione democratica (nella quale la distanza tra gli schieramenti dovrebbe essere sempre compensata dalla condivisione di valori irrinunciabili e unificanti), in una sorta di apocalittico scontro di civiltà, con il suo corredo destabilizzante di delegittimazioni reciproche.
Infine, un auspicio e un impegno: l’auspicio che il risultato delle urne, correttamente certificato, venga serenamente assunto, nonostante l’esile scarto di voti (ed anzi, proprio per questo) in un clima costruttivo, senza seminare sospetti o insinuare rivalse. La questione morale, che l’Azione Cattolica si era permessa di indicare come la condizione irrinunciabile per articolare concretamente una politica al servizio dei valori fondamentali della vita e della pace, sembra essere più che mai una priorità per il bene del Paese. L’impegno in favore di una nuova stagione di promozione del bene comune è il modo responsabile per onorare tale auspicio e investe tutti, soprattutto quanti hanno ripetutamente dichiarato di ispirarsi, nell’azione politica, ai valori cristiani. Al n. 410 del “Compendio della dottrina sociale della Chiesa” si legge: “Autorità responsabile significa anche autorità esercitata mediante il ricorso alle virtù che favoriscono la pratica del potere con spirito di servizio (pazienza, modestia, moderazione, carità, sforzo di condivisione); un’autorità esercitata da persone in grado di assumere autenticamente come finalità del proprio operare il bene comune e non il prestigio o l’acquisizione di vantaggi personali”. La campagna elettorale è finita: ora è tempo di mantenere le promesse.