Intervista a Lucetta Scaraffia «Codice Da Vinci», diritto all'obiezione di ANDREA A. GALLI
Una campagna globale per un prodotto di cassetta che ne cavalca un altro, cercando di lucrare nella zona grigia tra realtà e fiction, rudimenti di catechismo e incultura religiosa, credulità di alcuni e superficialità di altri. Il risultato è «Il Codice Da Vinci» che da best seller si sta per trasformare (il 19 maggio) in film-fenomeno. Con il dettaglio che protagonista involontaria dell'uno e dell'altro è la Chiesa, oggetto di autentica diffamazione e vittima di un formidabile oscuramento della realtà. Come fa notare un'osservatrice laica quale Lucetta Scaraffia, docente di Storia contemporanea alla Sapienza di Roma.
Professoressa, vale la pena prendere sul serio il «Codice Da Vinci», che in fondo è solo "fiction"? «Direi di sì, perché la maggiorparte della gente oggi non legge i Vangeli, se non nell'età del catechismo e dimenticandoseli poco dopo. Legge per lo più romanzi e guarda film. E "Il Codice Da Vinci" è insidioso proprio perché è un romanzo e - ancora peggio - un film».
Qual è l'insidia? «Quella di deligittimare la Chiesa come depositaria dell'autentica tradizione cristiana. In sostanza il libro dice che la Chiesa mente, inganna i credenti, sferrando così un durissimo attacco alla sua credibilità. E questo, anche se in forma narrativa, ha un forte impatto sul pubblico. Se non altro instilla dubbi. Anche se uno non crede completamente a quello che dice Dan Brown, è preso dal sospetto che qualcosa di vero in fondo ci sia».
Le potrebbero rispondere: ci sono anche lettori non credenti... «Certo, ma l'insidia vale anche per loro. I non credenti che hanno pregiudizi nei confronti della Chiesa vengono riconfermati, su basi fasulle, nella loro sospettosità o indifferenza. Vengono dissuasi da un confronto serio con la fede cattolica».
Il «Codice Da Vinci» sembra un fiammifero acceso caduto su un lago di benzina. Qual è la benzina? «"Angeli e Demoni", il romanzo precedente di Dan Brown, mi sembrava migliore dal punto di vista giallistico. Ma è "Il Codice Da Vinci" che ha avuto un successo clamoroso. Perché? Penso che il motivo fondamentale sia il sesso. Il libro pretende di denigrare una Chiesa che ribadisce fermezza sul sesso fuori dal matrimonio e che conferma il celibato dei sacerdoti, rivelando che Gesù era sposato e aveva avuti dei figli. Oggi la battaglia più dura contro la Chiesa riguarda le sue posizioni sull'etica sessuale. Una battaglia che ha tantissimi aspetti, dai contraccettivi al matrimonio fra omosessuali, alla fecondazione assistita. Il libro cavalca questo tipo di attacco».
Non c'è dell'altro? «Sì, ma anche parlandone in giro è facile accorgersi che il concetto più assimilato è questo: Gesù era sposato e ha avuto figli. È la cosa che resta più impressa. Anche il riferimento all'identità femminile di Dio è una strizzatina d'occhio a quel femminismo che, assieme al movimento New Age, ha ripreso il tema della Grande Dea, della Grande Madre. Dove la sessualità gioca un ruolo fondamentale».
Dal Vangelo di Giuda al «Codice Da Vinci». È come se si fosse tornati al clima che respirarono Tertulliano o Sant'Ireneo. Come mai? «Il cristianesimo nei Paesi occidentali si trova in una situazione abbastanza simile a quella dei suoi inizi. In un mondo globalizzato e secolarizzato i cristiani sono una minoranza che si distingue anche per proporre un'etica diversa - proprio come accadeva duemila anni fa - e per difendere una trasmissione della tradizione attraverso l'autorità. Cosa, quest'ultima, inconcepibile per la nostra società, dove obbedire a un'autorità viene considerata un'umiliazione dell'individuo e della sua libertà».
Tenere la Chiesa sotto schiaffo sembra ormai una cosa ovvia. Perché? «Perché la Chiesa cattolica è l'unica che ha mantenuto intatto il deposito della tradizione apostolica, quindi è il nemico maggiore: nemico cioè di una società, come la nostra, che con la secolarizzazione vuole negare la sua identità cristiana. La Chiesa cattolica è poi l'unica istituzione di peso mondiale che avanza critiche forti a certe derive individualistiche della modernità. Ma la Chiesa non è un avversario della modernità: è una voce critica dei suoi aspetti devianti».
Condivide la proposta di non andare a vedere il film, avanzata pochi giorni fa dal segretario della Congregazione per la dottrina della fede monsignor Angelo Amato? «La Chiesa non impedisce la pubblicazione del libro, né l'uscita del film, perché rispetta le libertà altrui. Rivendica giustamente il diritto di combattere una mistificazione a suo danno in tutti i modi possibili, che vanno dal disertare le sale dove il film è proiettato allo spiegare alla gente la verità. Non reagire, aspettare immobili che si diffondano calunnie e insulti mi sembrerebbe eccessivo. La libertà si può giocare non andando a vedere il film e invitando la gente a fare altrettanto, dal momento che diffonde calunnie e cose storicamente inattendibili facendole passare per vere».
Anche lei per il boicottaggio quindi. «Sì, un boicottaggio in grado di coinvolgere tutti i cattolici, riportando responsabilità culturale nella "base". Ovviamente deve essere un'iniziativa accompagnata da un'opera di informazione, da dibattiti e incontri divulgativi, altrimenti resta fine a se stessa».
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IL CODICE DA VINCI Maria Maddalena La figura evangelica deformata dal racconto di Dan Brown È imminente l'uscita sugli schermi di tutto il mondo di "Il Codice da Vinci", versione cinematografica del bestseller di Dan Brown, che inaugurerà la 59ª edizione del Festival di Cannes (17-28 maggio). Tra gli errori storici e le interpretazioni fantasiose contenuti nel romanzo e trasposti nel film, vi è la relazione tra Maria Maddalena e Gesù. Per fare chiarezza su una figura evangelica sulla quale, ha affermato di recente il biblista Gianfranco Ravasi, sono state scritte "fanfaluche" che ne hanno deformato il volto, presentiamo una nota di PAOLO GARUTI, domenicano, docente di esegesi del Nuovo Testamento presso la Pontificia Università San Tommaso di Roma e l'Ecole biblique di Gerusalemme, nonché direttore del centro San Domenico di Bologna e direttore scientifico del mensile culturale "I Martedì" (www.centrosandomenico.it). Proprio il numero 241 di "I Martedì" (marzo 2006) ospita un ampio intervento sul tema dello stesso padre Garuti.
TESTIMONE. La Maddalena appare solo a Gerusalemme, nei Vangeli di Matteo, Marco e Giovanni, ai piedi della croce o fra i testimoni della resurrezione. Il cognome indica un toponimo: poteva essere originaria di un qualsiasi agglomerato raccolto intorno a un torrione (migdal). Maria Maddalena è menzionata come persona di cui tutti sanno, salvo in Luca, più distante, che introduce un dettaglio curioso: "Dalla quale erano usciti sette demoni". Da questa notizia, che passerà al Vangelo di Giovanni, il suo nome incomincia a connettersi non solo alla morte e alla resurrezione di Gesù, ma anche al demoniaco e forse allo sponsale irrisolto. Il "sette" e il demonio potevano rievocare la storia di Tobia: un demone uccise i sette mariti di Sara. Forse non c'è dipendenza diretta ma un filo può legare Maria di Magdala alla sposa di Tobia e, volendo, a un'altra figura dello sponsale irrisolto: la samaritana di cui parla Giovanni, che di mariti ne aveva avuti cinque più un non marito e infin e trova Gesù. Tuttavia, sulle prime prevale il ruolo di testimone della sepoltura e della resurrezione. Si tratta di un dato molto antico: se la si cita per accreditare il racconto della tomba vuota e si suppone che tutti la conoscano, è lecito ritenere che la sua testimonianza fosse indiscussa.
AMORE GRATUITO. Il fatto poi che, insieme alle altre, si sia procurata gli unguenti origina due linee interpretative: la prima è legata a un fenomeno di omofonia. L'unguento prezioso è detto myron, plurale myra, mentre la "mirra" si chiama smyrna. Le donne portarono al sepolcro i myra, ma da Giovanni apprendiamo che il corpo di Gesù fu da altri onorato con una mistura di smyrna e aloe. La tradizione ha operato l'identificazione: fra gli unguenti myra c'era la smyrna. La mirra era uno dei simboli più evocativi della compiacenza sessuale (libro di Ester), ed è spesso citata nel Cantico dei cantici. Da questo intreccio di simboli la tradizione attribuisce a Maddalena un gesto che invece nei testi evangelici non le appartiene: la muta tenerezza della peccatrice di Luca o della donna anonima di Marco e Matteo che con unguento profumato (myron) onora i piedi di Gesù. Anche qui un'antica simbologia sessuale: "lavarsi i piedi" è un eufemismo corrente. Unzione del morto, abluzione dei piedi: due percorsi simbolici che si congiungono a caricare di valenze amorose una figura che non è mai chiamata Maddalena, ma in Giovanni ha nome Maria (di Lazzaro). L'agire della donna è invece sviluppato dagli altri evangelisti secondo due registri. Gesto d'amor gratuito in Luca, oppure anticipazione amorosa dell'unzione funebre negli altri. In questi brani, la donna dà prova di scandalosa generosità: di qui, e dalla notizia di Luca, secondo la quale Maria appartiene a un gruppo di signore facoltose che si occupano dei discepoli, lo sfarzo delle vesti di cui l'iconografia adorna la bella piangente.
IN ASCOLTO. Nella figura di Maddalena la tradizione ha unito la Maria da cui sono stati cacciati sette demoni, la donna che onora i piedi di Gesù e Maria sorella di Marta e di Lazzaro, che appare solo nella tradizione lucano-giovannea, come stereotipo. Nel Vangelo si Luca sono presentate due sorelle abitanti di un villaggio ancora molto prossimo alla Galilea, l'una indaffarata a servire, l'altra in ascolto di Gesù. In Giovanni si tratta di una famiglia di Betania, presso Gerusalemme, ma anche per lui le sorelle seguono lo stereotipo. Questa terza donna connette la simbologia amorosa con l'ascolto. La voce è anche, in molte letterature, strumento di fecondazione spirituale. Quante figure si concentrano in Maria Maddalena, che poi, mirrofora per eccellenza, assomma anche le altre donne al sepolcro. In Giovanni è l'unica che, per prima, vede il sepolcro vuoto e, tornata dai discepoli, parla al plurale: hanno portato via il Signore e non sappiamo dove sia. Giovanni conserva la fr ase tradizionale, ma la attribuisce a un personaggio solo invece che tre: la donna del Cantico dei Cantici che nel giardino incontra il giardiniere senza riconoscerlo.
LA TRADIZIONE. Attraverso un processo simile a quello di molte mitologie antiche, la tradizione ci ha consegnato fuse in una figura complessa le donne a fianco di Gesù. Salvo una. Maria di Nazareth mantiene una totale indipendenza, anche nella tradizione lucana e giovannea, in cui ha un ruolo determinante nella successione a suo figlio. Problema acuto: Gesù fu proclamato re, Messia, perché figlio di Davide. Logica tribale voleva che gli succedesse un altro della stessa famiglia. Giacomo, fratello del Signore, fu capo della comunità a Gerusalemme, ma chi garantiva la continuità dinastica, secondo l'uso descritto nel primo libro dei Re, era la madre: il Vangelo di Giovanni e gli Atti degli apostoli attestano Maria a Gerusalemme al momento della morte del figlio e, dopo esser stata affidata da Gesù a un discepolo "figlio" (Giovanni), al centro della comunità come garanzia di continuità, mentre i discendenti maschi della famiglia sono citati in gruppo (Atti).
LA SAPIENZA. Maddalena mai è presa in considerazione a proposito della continuità dinastica. Al di fuori della famiglia di Gesù (il ruolo della quale è spesso minimizzato, quando non negato; come nel Vangelo di Marco), la catechesi occidentale, insiste su Simone figlio di Giona, cui "né la carne né il sangue" fanno comprendere chi è Gesù: Pietro sarà dunque il vicario. Maria di Magdala non è assolutamente coinvolta in questo gioco. Se vi fosse stata una qualche discendenza carnale di Gesù, generata con lei o con altra sposa, la tradizione, almeno in senso polemico, avrebbe registrato la presenza di un erede: la discendenza di sangue è segno dell'elezione. Maddalena diverrà sposa di Gesù nel Vangelo di Filippo un manoscritto gnostico del IV secolo, da Nagh Hammadi in Egitto. Ecco la frase incriminata: "La Sofia, che è chiamata sterile, è la madre degli angeli. La consorte di Cristo è Maria Maddalena. Il Signore amava Maria più di tutti i discepoli e la baciava spesso sulla boc ca". È evidente il tono polemico del brano: qualcuno riteneva che Sofia (la sapienza divina, manifestata dell'Antico Testamento) fosse la sposa del Cristo, forse ispirandosi al libro della Sapienza in cui il re Salomone afferma: "Ho cercato di prendermela come sposa e mi sono innamorato della sua bellezza". Invece, per lo gnostico che si rifà a un dualismo anticosmico, tale sapienza sarebbe la causa dell'inaccettabile stato di cose, dominato dagli angeli. Maria, invece, è la sapienza del nuovo mondo, in cui si entra se, con la conoscenza (gnosi), ci si libera dalla morte e si è fecondati spiritualmente (dal bacio).
PAOLO GARUTI
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Andrea Tornielli, PROCESSO AL CODICE DA VINCI. Dal romanzo al film, Ed. Il Giornale, pp. 232, Euro 6,90. Dal 3 maggio in edicola con «Il Giornale» oppure rivolgendosi al servizio clienti, telefonando al numero 02/8566366
Il romanzo di Dan Brown ha venduto più di 40 milioni di copie e ora quella storia è stata trasformata in un film di successo Davvero Gesù era sposato con la Maddalena? La Chiesa ha tenuto nascosta un'inquietante verità per duemila anni? Che valore hanno i vangeli gnostici? Esiste una discendenza nascosta, che i templari e il Priorato di Sion hanno protetto a prezzo della vita? C'è un inconfessabile segreto celato nei dipinti di Leonardo? Sono stati realmente scoperti antichi documenti in grado di svelare il mistero del santo Graal? ___
Una guida indispensabile per scoprire che cosa c'è di vero (e soprattutto di falso) nel romanzo di Dan Brown. Date, nomi, fatti, circostanze, retroscena, documenti segreti, pergamene autentiche e falsi clamorosi, testimonianze inedite: per chi vuole vederci chiaro e andare fino in fondo al mistero che pretende di annullare due millenni di storia cristiana.
Il libro «Processo al Codice Da Vinci» prende in esame dettagliatamente i principali contenuti dell'omonimo romanzo di Dan Brown (che sono ora stati trasferiti nel kolossal in uscita nelle sale di tutto il mondo il 19 maggio) e si sofferma sulle accuse più pesanti che l'autore rivolge contro la Chiesa. Vengono analizzati anche i contenuti dei libri che hanno «ispirato» Brown, già pubblicati negli anni scorsi.
Una consistente premessa spiega le ragioni del libro: anche se molti ripetono che il romanzo di Dan Brown è «solo fiction», in realtà lo stesso autore e i suoi ispiratori sono convinti che si tratti di realtà storica e lo fanno trasparire in ogni capitolo, con un'opera puntuale di indottrinamento del lettore, portato a identificarsi con la protagonista femminile del romanzo, Sophie Neveu, che viene «iniziata» alla conoscenza del terribile mistero: Davvero la Chiesa delle origini era fondata sul principio femminile? Davvero la Maddalena era la sposa di Gesù? Davvero Cristo era un uomo come tutti gli altri che a poco a poco è stato «divinizzato» grazie al contributo dello spregiudicato e intraprendente imperatore Costantino? Davvero gli «innocui» vangeli canonici sono stati scelti sacrificando i più antichi e veritieri apocrifi gnostici per nascondere una tremenda verità in grado di scardinare i principi del cristianesimo? Davvero esiste o è esistita una discendenza di sangue che da Ge sù porta fino ai giorni nostri? Davvero la Chiesa ha usato ogni mezzo - compresi gli omicidi - per tenere nascosto questo terribile segreto che avrebbe provato l'inconsistenza dei suoi stessi fondamenti? Davvero il Priorato di Sion ha custodito questo mistero? Davvero i quadri di Leonardo contengono un «codice» segreto in grado di provare tutto questo? Una serie infinita di domande che, pagina dopo pagina, il lettore è portato a farsi..
Nel capitolo primo viene fornita una dettagliata sintesi del romanzo: i lettori sono avvertiti che, nel caso non abbiano letto «Il Codice Da Vinci» e vogliono farlo, oppure non lo abbiano letto e vogliono vedere il film, debbono saltare queste pagine per non rovinarsi la sorpresa.
Il capitolo secondo, più breve, prende in esame il film che Ron Howard ha appena finito di girare: i retroscena di quanto è accaduto, quanto è costato, il fatto che grazie a un esborso di un milione di dollari la produzione abbia potuto usare come set il Museo del Louvre.
Il capitolo terzo analizza la prima grande accusa lanciata da Dan Brown e dai suoi ispiratori contro la Chiesa: egli infatti sostiene che Maria Maddalena fosse la moglie di Gesù e che abbia avuto dei figli da lui. Questa convinzione è tratta da un vangelo apocrifo gnostico piuttosto tardo. In maniera semplice e comprensibile a tutti, «Processo al Codice Da Vinci» spiega la grande differenza stilistica e storica dei vangeli canonici da quelli apocrifi e mostra come quell'unico passo sul quale Dan Brown si basa per la sua teoria sia in realtà un testo molto «corrotto» (con molti «buchi») e soprattutto abbia un significato ben di verso da quello che Brown vuole dargli. Questa dimostrazione viene presentata attraverso i pareri dei più noti e autorevoli studiosi di esegetica biblica, sia cattolici che protestanti. Viene anche smentita la tesi di Brown secondo la quale all'epoca di Gesù non esistevano maestri religiosi celibi: vengono citati molti inconfutabili casi, presentati dalle fonti dell'epoca.
Nel capitolo quarto si affronta un'altra tesi di Dan Brown, quella secondo la quale sarebbe stato l'imperatore Costantino a scegliere i vangeli canonici e a imporre al Concilio di Nicea di proclamare la divinità di Gesù, che fino a quel momento non era considerato Dio ma soltanto un uomo saggio. Queste accuse sono così assurde e antistoriche che per rispondere non occorre una laurea in teologia ma soltanto una buona enciclopedia. Vengono citati molti testi antichi, del I secolo dove Gesù è evidentemente dichiarato un essere divino.
Il capitolo quinto presenta l'altra grande leggenda che ha ispirato Dan Brown, vale a dire quella legata ai presunti «misteri» del paesino francese Rennes Le Chateau e ai documenti antichi che sarebbero stati scoperti al Louvre e che proverebbero l'esistenza di una discendenza nascosta risalente alla Maddalena. Viene dimostrato con testimonianze inconfutabili che quelle pergamente sono false e sono state fabbricate negli anni Sessanta quindi depositate alla Biblioteca Nazionale di Parigi dove sono state «scoperte» dai protagonisti di questa vicenda torbida. Viene prodotta la testimonianza del falsario che si lamenta di non essere stato pagato per il suo lavoro. All'origine di tutto c'è un personaggio strano, un antisemita che ha preteso di essere il discendente della dinastia dei re francesi Merovingi.
Nel capitolo sesto, grazie all'aiuto e alla testimonianza dei più grandi esperti della pittura di Leonardo vengono smontate le teorie di Dan Brown sui dipinti del grande autore rinascimentale. E si dimostra che molte delle «informazioni» presentate nel «Codice Da Vinci» sono in realtà false: basta guardare con attenzione i quadri.
Infine, nel capitolo settimo, vengono prese brevemente in considerazione le accuse rivolte da Dan Brown all'Opus Dei e si spiega che cos'è, in realtà, la Prelatura fondata da san Josemaría Escrivá.